Da Gianni Golotta ricevo e pubblico
Di recente le prime pagine dei giornali hanno fatto il titolo di apertura, sulla posizione di alcuni neogovernatori, sull'uso (meglio sarebbe dire sul divieto di uso) delle pillola abortiva.
S'è aperto così il solito dibattito fatto di toni estremi, di citazioni evangeliche, di interpellazioni scientifiche, di sottigliezze esegetiche che ha finito col far diventare questa "La" questione fondamentale della società italiana di oggi.
Quale che sia l'intento che muove i neogovernatori di destra di alcune regioni quando fanno dichiarazioni sull'uso della pillola RU 486, resta il fatto che a prestar loro un'attenzione esclusiva ed assorbente si sbaglia.
Perché oggi il problema dell'uso della pillola abortiva non può assolutamente essere tra le priorità di forze politiche che hanno a cuore gli interessi dei ceti più deboli della nostra società. Domani un amico di mia figlia che lavora da precario in un call center sarà licenziato.
Legittimamente e tuttavia senza aver demeritato sul lavoro. Per lui tramontano speranze e si disfano progetti.
A 35 anni torna disoccupato con pochissime chances di trovare un nuovo lavoro.
Come lui in Italia, domani, altre migliaia di giovani e meno giovani, condivideranno lo stesso dolore, le stesse angosce del giovane amico di Anna.
Famiglie intere attraverseranno quella linea di confine che perimetra la vita libera e dignitosa che i nostri costituenti hanno voluto fosse assicurata in particolare a ciascun lavoratore ed in genere ad ogni cittadino, per entrare nel cono d'ombra di una disperazione il più delle volte umiliante e solitaria.
Ed ancor più umiliante proprio perché sempre più solitaria.
Vuole la sinistra, dato che la destra non pare interessarsi granché delle sorti di questi nostri fratelli deboli, porsi il problema della tutela dei loro diritti ed offrire se non una soluzione ai loro problemi almeno la certezza di un impegno, la promessa di una lotta, il conforto di una fattiva solidarietà?
Se si ci si metta subito all' opera anche avanzando proposte di modifica della legge Biagi, ma, soprattutto, ponendo al centro della discussione il problema del lavoro e del futuro dei più deboli.
Lasciando ai vescovi ed ai governatori il dibattito sul nulla, e le responsabilità della loro cattiva coscienza.
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